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Anno Bisestile

Perché c’è l’anno bisestile?

I sistemi per misurare il tempo che si sono susseguiti sin dall’antichità presentavano tutti delle imprecisioni. L’anno bisestile è stato introdotto proprio per correggere questi errori.

L’anno bisestile fu inventato da Giulio Cesare e poi “riaggiustato” da papa Gregorio XIII.

Quando cade l’anno bisestile?

Non esattamente ogni quattro anni, in realtà. Gli anni precedenti a quello che segna l’inizio di un nuovo secolo – quindi 1800, 1900, 2000 – sono bisestili soltanto se si possono dividere per 400. Quindi il 2000 è stato un anno bisestile, il 2100 non lo sarà. La formula per sapere se un anno è bisestile è: solo se le ultime due cifre sono divisibili per quattro, oppure se l’intero anno è divisibile per 400.

Perché c’è l’anno bisestile?

Un anno solare, cioè il tempo che la Terra impiega a fare un giro completo intorno al Sole, non è perfettamente divisibile in periodi di 24 ore, cioè in giorni: dura circa 365 giorni e 6 ore. Se tutti gli anni avessero 365 giorni, ogni quattro anni il calendario si ritroverebbe in anticipo di un giorno. Grazie all’anno bisestile, il calendario si “rimette in regola” aggiungendo un giorno proprio quanto l’anticipo accumulato raggiunge le 24 ore (sei ore all’anno, per quattro anni).

Un altro problema è dovuto al fatto che in realtà l’anno astronomico non dura esattamente 365 giorni e 6 ore, ma qualche minuto in meno, per la precisione 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi. Quindi, anche utilizzando gli anni bisestili, dopo 400 anni il calendario si troverebbe sballato, in ritardo di circa tre giorni. Per risolvere il problema, gli anni precedenti a quello di inizio secolo, cioè quelli divisibili per cento, non sono considerati bisestili a meno che non siano divisibili anche per 400. In questo modo, ogni 400 anni ci sono 3 anni bisestili in meno, eliminando così i tre giorni di anticipo.

Perché si chiama bisestile?

I romani non contavano i giorni del mese come noi (2 febbraio, 7 marzo, 12 giugno, per esempio), ma usavano un complicato sistema in cui ogni mese veniva diviso in calende, idi e none. Nel calendario giuliano si stabiliva che negli anni da 366 giorni, il “giorno” in più dovesse essere inserito a febbraio il sesto giorno prima delle calende di marzo, cioè il 24 febbraio. Legalmente, il 24 febbraio veniva considerato un “giorno doppio”, formato da 48 ore. In questi anni, quindi, c’erano due “sesti giorni prima delle calende di marzo”, da cui “bisextus” (due volte il sesto) e quindi, bisestile. Il primo “29 febbraio”, cioè il giorno in più secondo i moderni calendari, probabilmente comparve nel medioevo, quando i giorni dei mesi cominciarono ad essere contanti in modo sequenziale e non più alla maniera romana.

Ma c’erano ancora degli errori da correggere.

La riforma di Cesare aveva trascurato che un anno solare non dura esattamente 365 giorni e sei ore. Il calendario giuliano, quindi, si trovava in ritardo di tre giorni ogni 400 anni.

Solo nel 1582 il Papa di allora, Gregorio XIII, si accorse che quell’anno la primavera era cominciata l’11 marzo, dieci giorni in anticipo rispetto alla data dell’equinozio.

Gregorio decise di risolvere la questione una volta per tutte e impose una drastica riforma. Per evitare di perdere altri dieci giorni nel migliaio di anni successivo venne stabilito che gli anni multipli di cento sarebbero stati bisestili soltanto se fossero stati multipli anche di 400.

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